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Placido Castaldi, pittore della montagna ( Pollone 1925-2014)

Nasce a Pollone nel 1925, artista amante della montagna, vive con la stessa un rapporto non solo contemplativo ma anche attivo, partecipando a due spedizioni in Himalaya, una delle quali “Garwhal 1986″.
La sua casa è immersa nei boschi, a Pollone e là si ritrova a lavorare, molto spesso istruendo allieve all’arte.
Le sue opere sono acqueforti/puntasecca, numerate o prove d’autore, ove Placido narra la natura e i suoi silenzi, interpretati con mano fine e delicata, tratteggi sfumati e linee semplici. Note sono le sue nevicate, ove solo i contorni delle baite o delle rocce illudono il senso della neve.
Scultore su legno, marmo, pietra, corpi sinuosi e morbidi, nudi di donne distese, come spesso li ritroviamo nelle sue acqueforti. Le donne non hanno volto, sono i loro corpi che narrano la propria sensuale femminilità.
Le montagne scalate, i ricordi di amici scomparsi, bozzetti, dediche: il panorama di Placido è vasto tanto da diventare di diritto uno degli artisti biellesi più affermati, arrivando ad esporre in tutto il mondo.

La sua passione per la montagna gli viene riconosciuta anche dagli stessi alpinisti che aprono “La via Placido” sulla parete nord del Monte Bechit, arrampicata di 120 metri di sviluppo e con difficoltà massima VIa.
Giorgio Marinoni, artista pollonese nato nel 1956, prende spunto dai disegni di Placido Castaldi per dipingere a pastello la natura che lo circonda.
Anche l’editoria biellese cura l’artista e pubblica  “I nudi di Placido Castaldi” del 1983 e “Il pianeta di Placido Castaldi” del 2011.

Nel  dicembre 2010, la Fondazione Cassa di Risparmio espone alcune sue opere nella mostra ” La collezione in mostra” ove vengono esposte opere di artisti biellesi di proprietà della Fondazione stessa.
Nel marzo 2011, a Palazzo Ferrero, gli verrà dedicata una intera mostra “”Il pianeta di Placido Castaldi” dove sono state esposte un centinaio di opere tra disegni, pitture e sculture che ripercorrono il percorso artistico dell’artista di Pollone.

Placido aveva una bella e giocosa amicizia con mio padre, Lanfranco Lorenzetti e a lui sono dedicati alcuni disegni. Anch’io, nel mio piccolo, ho un’opera dedicata, lo schizzo di un bosco della Westfalia. Ricordo, avevo 15 anni, a cena la notte di Capodanno con la mia famiglia a casa di  Placido, immersa nel silenzio del bosco, una cena che ricordo con curiosità visto che per la prima volta ebbi modo di assaggiare la carne servita con la marmellata di frutti di bosco. Placido prese un album per appunti e  in pochi momenti i tocchi della sua matita mi fecero entrare nei boschi della sua mente.

Chiara 

 

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Beppe Garella e il mito delle bambole Lenci.

Ho conosciuto Beppe Garella nel 1987.
All’epoca stavo terminando il corso di studi all’Istituto per l’arte e il restauro Palazzo Spinelli a Firenze, specializzazione “restauro ceramiche e materiali lapidei“. A corredo dell’esame finale ( che superai con la votazione di 100/100simi, risultato di cui vado fiera ancora ora, visto che i miei studi sono il mio lavoro) ci venne richiesta una tesi su di un’epoca o su di una manifattura di ceramiche.
Io, da buona piemontese, scelsi le ceramiche Lenci.

Non molto all’epoca era stato scritto, la monografia ” Le Ceramiche Lenci:1928 – 1964; catalogo generale dell’archivio storico della manifattura; ( 86 tavole a colori, 1862 riproduzioni in nero)” di Alfonso Panzetta, Umberto Allemandi & C., 1992 – 410 pagine era ancora lungi da venire; le poche informazioni potevano essere prese da capitoli inseriti in libri che trattavano la ceramica italiana degli anni 1930, o consultando in biblioteca le riviste d’arredamento e design in auge all’epoca, quale ad esempio Domus.

Curiosa dell’epoca storica ed innamorata del fascino fiabesco e poetico delle ceramiche Lenci, decisi di contattare l’allora proprietario e titolare della ditta Lenci, presente nel 1987 sul mercato internazionale con la produzione di bambole in panno lenci.
Venni accolta una domenica mattina in via San Marino 56 bis a Torino, dal signor Beppe Garella. Ricordo di lui la classe e l’eleganza nei modi, la gentilezza e l’affabilità. Confesso che la prima impressione fu però ben diversa, visto che si presentò con una giacca in pelle da cowboy, con le frange e nulla del suo abito poteva farmi immaginare quale tempra d’uomo fosse.
In questo caso si può a ben dire che l’abito non fece il monaco!
Nella fabbrica, deserta la domenica mattina, il signor Beppe mi fece visitare le varie fasi produttive della lavorazione delle bambole in panno: la pressatura in stampi per i visi, la forgiatura, la pittura dei volti e le loro caratterizzazioni, la zona della cucitura, con tavoli, stoffa, fili, forbici, macchine da cucire in ordine perfetto.
Fu come respirare un altro tempo.
Fuori la strada chiamava il futuro, la tecnologia, dentro il ritmo era rallentato, silenzioso, arcaico e sognatore.

Restai in contatto per molto tempo ancora con il signor Beppe Garella, che, dopo che ebbi finito la scuola, diventò mio cliente, portandomi da restaurare splendidi oggetti in ceramica Lenci di sua collezione privata, cosa che fece anche il figlio dopo la sua scomparsa.

E’ un ricordo che talvolta riaffiora alla mente; Beppe Garella seppe darmi, con la sua professionalità e serietà, un valido esempio su come coltivare la propria passione senza cedere; un esempio di dedizione al lavoro che ancora porto dentro.

Chiara

Dott. Beppe Garella al lavoro presso Lenci  Foto presa dalla pagina facebook "Lenci Doll Collective"

Dott. Beppe Garella al lavoro presso Lenci
Foto presa dalla pagina facebook “Lenci Doll Collective”

Dott. Beppe Garella al lavoro presso Lenci Foto presa dalla pagina facebook “Lenci Doll Collective”
Dott. Beppe Garella al lavoro presso Lenci
Foto presa dalla pagina facebook “Lenci Doll Collective”